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La dipendenza da cibo: i primi 5 passi per cambiare

La dipendenza da cibo: i primi 5 passi per cambiare

Il cibo è essenziale per la nostra sopravvivenza ma, quando assume un significato diverso dalla mera nutrizione, può  diventare una forma di dipendenza pericolosa.  Così come le droghe e l’alcool, il cibo condiziona il nostro sistema nervoso centrale innescando il meccanismo della tolleranza e dell’astinenza, anche perché il cibo e le bevande si trovano ovunque e sono legali.

Si beve e si mangia sempre, a casa, fuori con gli amici, alle feste. Si mangia soprattutto da soli, magari nel tentativo di scacciare lo stress di una brutta giornata o di dimenticare una delusione. Il problema è che, senza la giusta educazione alimentare, il cibo causa dipendenza ed è sempre più difficile controllarsi, anche perché non provoca sintomi tangibili a breve termine, se non i temuti chili in più. Ed ecco che si innesca il circolo vizioso di privazione-abuso che non riguarda solo chi è in sovrappeso ma anche le persone normopeso.

I chili in più possiamo vederli come una forma di sopravvivenza del nostro corpo all’intossicazione che subisce costantemente con le nostre scelte alimentari.

Il sovrappeso viene definito anche Infiammazione Cronica Silente, dato che il grasso corporeo in eccesso danneggia sia il corpo che la mente in modo lento ma costante: danneggia il cervello, il cuore, il fegato, il pancreas, accelera l’invecchiamento, danneggia le articolazioni, predispone a tutte le malattie in generale, oltre a provocare irritabilità, ansia, depressione, etc, etc.

La forza di volontà non basta

Purtroppo, a differenza di quanto alcuni pensano, non è sufficiente la forza di volontà per fare le scelte giuste a tavola. Certo, la motivazione è importante ma lo è soprattutto capire Come e Perché Cambiare, grazie all’aiuto di un supporto specializzato.

Il craving, ovvero il bisogno intenso di cibo, o il pensiero ossessivo verso il cibo è praticamente impossibile da fronteggiare e superare senza il sostegno di un professionista.

Ecco alcune azioni che possono aiutarti ad avere maggiore consapevolezza.

La dipendenza da cibo: i primi 5 passi per cambiare

1. ScriviLa dipendenza da cibo: i primi 5 passi per cambiare

Prima devi capire perché è importante avere un buon rapporto col cibo e un buon peso corporeo: fai un elenco dei motivi per cui bisogna raggiungere questo obiettivo. Anche se ti sembra stupido e irrilevante, questo ti aiuterà a vedere con i tuoi occhi i vantaggi del cambiamento.  Porta sempre con te carta e penna e segna di volta in volta, in qualsiasi momento della giornata un ossibile vantaggio nel cambiamento.

2. Fissa una data e dei piccoli obiettivi

La chiamo “Rimandosi” malattia cronica del rimandare, tipica di chi deve attuare un cambiamento. I cambiamenti hanno bisogno di date ben precise, per cui fissa un giorno preciso da cui comincerai i tuoi primi passi verso l’evoluzione e la libertà.

Fissa anche un obiettivo facilmente realizzabile, non partire con desideri idilliaci come devo perdere 30 kg o devo camminare 2 ore al giorno!!!! Ti scoraggeresti già dal primo giorno!

3. Individua ed evita i fattori scatenanti

Ognuno di noi è sensibile in modo differente ai cosiddetti fattori scatenanti che stimolano l’appetito: per alcuni si tratta della visione di una vetrina di dolci, per altri di un particolare odore, per altri ancora il contatto con certe persone.

Per esempio, è stressante avere a che fare con un determinato amico o collega di lavoro? O magari il problema è quella pizzeria in cui vi imbattete tornando a casa dall’ufficio? Ci sono degli eventi sociali che innescano il bisogno di mangiare? Rispondi a queste domande ed evita, se possibile, quelli che sono i tuoi “trigger”.

Osserva quali sono le tue scelte mentre fai la spesa. Se ti accorgi che non ci sono regole, che acquisti cibo che non è necessario me che ti fa soltanto gola, allora devi considerare di stilare una buona lista della spesa prima di recarti al supermercato. In questo modo le tue scelte saranno più ragionate e meno istintive.

4. Creati un hobbyLa dipendenza da cibo: i primi 5 passi per cambiare

Comincia a dedicare del tempo a te stesso/a, fai una cosa che ti piace, camminare, fare sport, disegnare, ricamare, lavorare il legno, meditare, qualsiasi cosa che ti distolga dal pensiero del cibo. Non ti piace fare nulla? Sperimenta attività mai fatte e comincia a conoscere meglio te stesso, ne resterai stupefatto/a.

5. Circondati di persone giuste

Durante un cambiamento hai bisogno di alleati! Non avere il timore di allontanare chi, invece, ti incoraggia a “sgarrare” (chi ti dice “soltanto un pezzo, tanto non succede nulla”).

È necessario che, in questa fase, tu abbia accanto amici e parenti in grado di mostrare empatia senza giudicarti mai. Stabisci piccole ma fondamentali regole per tutelare te stesso/a e il tuo percorso.

Non aspettare comincia oggi!

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Fonte foto Freepick
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Addio "Signora"...il coraggio di cambiare
Addio “Signora”…il coraggio di cambiare

 

Caro lettore, oggi non parlerò di nutrizione ma voglio soffermarmi su un argomento che mi sta molto a cuore: il coraggio di cambiare.

Immagino ti stia chiedendo come mai la scelta di questo argomento e del legame che possa avere con l’alimentazione.

Nella mia esperienza anche un cambiamento alimentare può essere un’impresa impossibile, per cambiare bisogna riconoscere le proprie debolezze e questo è un passo che definire difficile è un eufemismo. Un cambiamento alimentare non è solo sostituire un cibo con un altro ma è riconoscere la relazione che si ha col cibo e questa consapevolezza è spesso dolorosa. Il cibo è il rifugio delle nostre emozioni, delle nostre paure più profonde.

Tutti abbiamo delle paure: paura di fallire, paura del confronto, paura di non farcela, di non essere all’altezza, paura di una malattia…paure paralizzanti che non ci lasciano credere che tutto si possa affrontare e cambiare se solo “ci allenassimo” ad avere un altro punto di vista, che possiamo essere più felici e soddisfatti di noi stessi se riconoscessimo e affrontassimo le nostre paure.

Cambiare apre le porte a nuove opportunità, amplia le nostre vedute, ci fa crescere.

Ed è per questo che oggi condivido con te la lettera di una ragazza, Silvia, che ho conosciuto tempo fa. Le sue parole mi hanno lasciato senza parole e con un senso di benessere ed energia che credo valga la pena condividere con il maggior numero di persone possibile.

Buona lettura,

Sabrina

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Cara “Signora”,

abbiamo condiviso più di metà della mia vita e adesso è arrivato il momento di salutarci.
Non ti lascio con rancore, non dico che avrei voluto non conoscerti mai e che hai rovinato gli anni più belli della mia vita, perché non è vero. Con te ho imparato tante cose: che la felicità è una scelta, che i momenti difficili si possono trasformare in opportunità, che non possiamo cambiare il nostro passato ma possiamo scegliere il nostro futuro, che per uscire dal dolore dobbiamo prima accettarlo, che la malattia non è sempre un nemico da combattere ma un segnale che ci stiamo facendo del male.

“Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle”.

Ho capito e mi sono assunta la responsabilità dei miei errori.

Avevo 20 anni quando entrasti violentemente nella mia vita; non ti aspettavo e mi travolgesti. Non ti chiesi perché, pensai fosse stato meglio che Silvia Baistrocchi Academy Leadership School Roberto Retu avessi infastidito me invece che i miei fratelli, tanto la mia vita non era un granché: zero obiettivi, zero crescita, zero varietà, zero divertimento, zero condivisione. Loro avevano una vita interessante, erano pieni di curiosità, studiavano tanto, facevano progetti; sicuramente avresti dato più noia a loro che a me. E poi accanto a me c’era Roberto, un ragazzo meraviglioso che con la sua forza e il suo amore fece diventare la sfida con te un gioco, dove tu eri il tabellone e noi le pedine.

Ci volle un po’ di tempo prima di conoscere il tuo nome, cara Signora.

All’inizio il babbo mi portò da un professore amico della zia Aldina, il professor Pansini, che capì subito chi eri ma decise di non dirmelo; ti chiamò “problemino” e mi spiegò che ti avrei mandato via con le medicine e tanta tanta serenità.

Mi avevi cambiato la vita signora mia, ma non mi dispiaceva perché stare con te aveva i suoi vantaggi: gli amici e i parenti mi telefonavano per sapere come stavo, mi venivano a trovare, alcune persone fingevano di essere dispiaciute per me, altre erano curiose di sapere chi eri. Per la prima volta in vita mia mi sentivo importante per qualcuno, avevo un’identità forte.

Purtroppo qualche anno dopo incontrai un primario che con la sua miseria umana sentenziò con arroganza davanti ai suoi specializzandi, senza neppure guardarmi:

“Questo è un evidente caso di sclerosi multipla, la paziente nel giro di 10 anni sarà su una sedia a rotelle. Le consiglio di cominciare a prendere contatti con il centro di Milano, specializzato in malattie degenerative. Arrivederci.”

“Sclerosi multipla? No, no, no! Io ho un “problemino”, la mia mamma ha la sclerosi multipla, non io !!!”

La testa mi scoppiava e le gambe non mi sorreggevano più.

Tornai dal prof. Pansini e gli chiesi

“È vero che ho la sclerosi multipla?”.

Avevo tanta paura della sua risposta. Lui disse:

“Vedi Silvia, le malattie neurologiche sono tante e noi medici non possiamo dare un nome a ognuna, così le raggruppiamo in famiglie, ma non sono tutte uguali. Tu e i tuoi fratelli vi chiamate tutti Baistrocchi, ma siete diversi tra voi. Tu hai una forma di sclerosi ma non finirai sulla sedia a rotelle. Comunque adesso che lo sai, penso sia meglio che tu venga seguita da una neurologa dell’ospedale; io sono un neurochirurgo mentre lei si occupa di questa malattia.”

Non lo sapevo, ma di lì a poco avrei perso la mia identità per diventare il numero di una cartella clinica con sopra il mio nome unito al tuo. Venti anni tra ospedali, esami, sofferenze, cure devastanti con te che continuavi a entrare e uscire dalla mia vita. Tu facevi quello che volevi, io invece non potevo, almeno fino a quando trovai la forza di fare una scelta coraggiosa: sospesi le cure per far nascere Chiara, la bambina che secondo i medici non sarebbe mai dovuta venire al mondo.

Ripresi le cure e due anni dopo come conseguenza dell’assunzione di un farmaco, incontrai la morte vivendo un’esperienza extracorporea. L’esperienza di separarmi dal corpo cambiò la mia visione della vita; da quel momento non fui più la stessa e cominciò la mia rinascita.

Capii che stavo pagando un prezzo troppo alto per cercare di tenerti lontano dalla mia vita e lasciai le cure; erano più pericolose loro di te, era come usare un cannone per sparare a un moscerino.

“Abbiamo due vite, la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne solo una”.

Così ho iniziato una vita nuova. Ho colto l’opportunità di imparare un nuovo modo di pensare, di agire, di comunicare con me stessa, di capire quali sono i bisogni primari, di abbandonare credenze limitanti che mi condizionavano da quando ero bambina, per liberarmi di tutto ciò che non mi faceva stare bene, come te, Signora mia.

Cambiare vita è stata la mia cura.

Adesso so quello che voglio e per la prima volta sono davvero felice.

Voglio essere la protagonista principale della mia vita, perché per troppo tempo ho interpretato una parte che non era la mia.

Voglio accettare le sfide, per essere ricordata per il mio coraggio.

Voglio essere un esempio, per dare speranza a chi si è arreso.

Voglio lasciare che mio marito Roberto mi aiuti a portare il peso delle mie difficoltà, ma non caricarglielo sulle sue spalle, perché voglio che sia libero.

Voglio che Chiara viva la sua vita e non la mia.

Voglio giocare la partita usando le mie regole, perché la vita è mia.

Voglio rinascere ogni volta che il cuore non batte più forte, perché mi è stata data una seconda possibilità e non voglio sprecarla.

Voglio guardare oltre l’ostacolo, perché ho capito che i limiti a volte sono solo nella mia testa.

Voglio andare avanti, perché dietro ogni traguardo c’è una nuova sfida.

“Il giorno più bello della tua vita è quello in cui decidi che la tua vita è tua. Nessuna scusa né giustificazioni.
Nessuno a cui appoggiarsi su cui contare o a cui dare la colpa. Il dono è tuo e solo tu sei il responsabile della sua qualità.
Questo è il giorno in cui la tua vita comincia davvero!”

Stamani ho vuotato la tua camera e l’ho riempita di libri. Ho lasciato solo gli scarabocchi che hai fatto sul muro, per ricordarmi che potrai sfidarmi ancora una volta, ma che vincerò sempre e comunque, perché ho imparato le regole del gioco.

Incontrerò degli ostacoli nella vita ma li affronterò con coraggio ed entusiasmo, consapevole che la vita è questo, e anche molto di più.

Addio Signora.

Silvia Baistrocchi

 

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Foto: freepik

 

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