Omega 3: integratori o pesce?
Spesso mi chiedono se sia necessario o meno integrare la nostra alimentazione con Integratori di grassi Omega 3 oppure aumentare il consumo di pesce.
I grassi e le fonti alimentari
Prima di arrivare alla risposta, vediamo insieme un breve riassunto dei tipi di grassi esistenti e delle loro fonti alimentari, in modo tale da farci un’idea.
- I grassi saturi sono contenuti principalmente in prodotti animali: burro, lardo, pancetta, carne, formaggi. Troviamo grassi saturi anche nel mondo vegetale: lo stesso olio di oliva ne contiene circa il 14%; le fonti vegetali a maggior contenuto di saturi sono l’olio di palma, di cocco e di colza.
- La fonte principale di grassi monoinsaturi nell’alimentazione mediterranea è l’olio extravergine d’oliva; sono i grassi che hanno maggiore effetto salutistico nella prevenzione delle patologie cardiovascolari.
- I grassi polinsaturi possono essere della serie omega-3 o omega-6: gli omega-3 sono contenuti principalmente nel grasso di pesce; nel mondo vegetale le noci e i semi di lino ne sono una buona fonte; gli omega-6 sono contenuti in alte percentuali negli olii vegetali (olio di girasole, di colza, di soia).
- I grassi Trans (in natura si trova in bassissime percentuali), ottenuti mediante trattamenti come la cottura ad alte temperature (ad esempio fritture) o l’idrogenazione (ad esempio margarine). Questi grassi rappresentano un rischio concreto per la salute , in quanto aumentano tutti i fattori di rischio di patologie cardiovascolari e infiammazione organica.
La principale responsabile della presenza dei grassi trans negli alimenti è l’industria del cibo: grazie al processo di idrogenazione è infatti possibile conferire agli olii vegetali di basso costo particolari caratteristiche (non nutrizionali!) del ben più costoso burro.
Dopo l’allarme per la pericolosità dei grassi trans, l’industria ha messo a punto due tecniche alternative all’idrogenazione (cristallizzazione frazionata ed interesterificazione): anche se in misura minore, comunque questi processi portano alla formazione di grassi trans.
Leggere le etichette
Leggere, quindi, tra gli ingredienti di un prodotto industriale “olii e grassi vegetali non idrogenati” non è garanzia di assenza di grassi trans! Purtroppo sono ben pochi gli alimenti industriali che non contengono grassi trans.
Come esercizio della settimana provate a controllare voi stessi le etichette di crackers, grissini, merendine, biscotti, creme alla nocciola, pizze surgelate, gelati confezionati, etc. e vi renderete conto da soli.
Omega 3
L’interesse verso gli Omega 3 nasce intorno agli anni ’70, quando indagini alimentari condotte sugli Inuit (popolazioni artiche di cui fanno parte gli Eschimesi) evidenziarono una correlazione tra elevato consumo di pesce grasso e protezione da malattie cardiovascolari. Seppur la loro alimentazione era rappresentata per circa il 60-70% (contro il 30-35% di una dieta occidentale) da proteine e grassi animali delle calorie giornaliere, gli Inuit avevano un’incidenza di patologie ischemiche e cardiovascolari pressoché pari a zero.
Un risultato inspiegabile proprio in quegli anni in cui i grassi animali venivano additati indiscriminatamente come fattore di rischio maggiore per infarto e ictus (!).
Studiando e confrontando la composizione chimica dei grassi del pesce e dei mammiferi marini con quella dei mammiferi terrestri, gli scienziati scoprirono gli animali marini presentano una prevalenza acidi grassi polinsaturi, mentre quelli terrestri contenevano un’abbondanza di acidi grassi saturi e pochi grassi polinsaturi.
Centinaia di studi successivi dimostrarono l’effetto benefico dei grassi polinsaturi nei confronti di patologie cardiovascolari.
Integratori di Omega-3
E da qui partì il business degli Omega-3 come integratore e non solo: parallelamente l’industria alimentare cominciò ad addizionare di grassi polinsaturi ogni tipo di prodotto, dalla margarina al latte, dai biscotti per la colazione alle zuppe preconfezionate.
Purtroppo non vennero fatte due considerazioni importanti:
- la prima è che “se un po’ fa bene non significa che tanto fa meglio”
- in secondo luogo che la bassa incidenza di malattie cardiovascolari tra gli Inuit non era dovuta al consumo di omega-3, bensì a quello di pesce!
L’integrazione di Omega 3 di per se non ha effetti né benefici né nocivi. Ad essere realmente importante non è il quantitativo assoluto di omega-3 o omega-6 o grassi saturi o monoinsaturi, bensì il rapporto esistente tra di loro.
Solo un corretto rapporto tra omega-3 e omega-6 si è rivelato essere anti-infiammatorio e dunque positivo per la salute.
Qual è il fabbisogno?
Tutt’oggi gli scienziati non definito il rapporto ottimale per la salute: c’è chi dice 1:1 (ossia introdurre quantità uguali di omega-3 e omega-6), c’è chi dice 1:3 (ossia per ogni grammo di omega-3 si dovrebbero introdurre 3 grammi di omega-6).
Considerando che sarebbe comunque difficile stimare il fabbisogno di ciascuno di noi, attualmente, la dieta occidentale si distingue, ahimè, per un totale squilibrio di omega-3 e omega-6 con un rapporto di 1:10.
Questo squilibrio può crearsi o per una carenza di omega 3 nell’alimentazione media, o per un abnorme eccesso di omega-6.
In caso di carenza, l’integrazione di omega-3 sottoforma di pillole o alimenti fortificati è quello che effettivamente si promuove. In questo modo si inducono le persone a scegliere gli alimenti che in etichetta vantano un contenuto extra di Omega 3, come nel caso di alcune marche di latte, o di integratori alimentari, nei confronti dei quali ho sempre manifestato forti dubbi.
Se consideriamo la seconda possibilità, l’eccesso di omega 6, la questione sarebbe molto spinosa per l’industria alimentare, dal momento che anche i vantati“olii e grassi vegetali (non idrogenati)” non sono solo fonte di grassi trans, ma anche di omega 6.
Mi viene da dire che un buon punto di partenza sarebbe ridurre drasticamente l’utilizzo di prodotti industriali(!)
Omega 3: integratori o pesce?
Tornando alla domanda di partenza, meglio l’alimento o l’integratore o gli alimenti arricchiti di Omega 3, uno studio condotto nel 2009, ha indagato i risultati provenienti da ben 45 diversi studi su omega-3, pesce e rischio cardiovascolare, concludendo che
“(…) apporta più beneficio alla salute il consumo di pesce anziché l’esclusiva integrazione di omega-3; benché il meccanismo non sia stato chiarito, è probabile che nel pesce ad essere veramente protettiva sia l’interazione degli omega-3 con altri nutrienti in esso contenuti, e non la sola presenza di questi acidi grassi.
Il consumo di pesce è stato correlato a minori livelli di trigliceridi, colesterolo LDL, aggregazione piastrinica, aritmia cardiaca, infiammazione, funzione endoteliale e pressione sanguigna (tutti fattori di rischio per infarto, ictus ed eventi coronarici)(…)”.
Se da un lato questo studio ha confermato che sia l’alimento completo a far bene alla salute e non l’estratto di una singola molecola, dall’altro bisogna considerare anche la salubrità del pesce attualmente in commercio.
L’inquinamento dei mari influisce sulla qualità del pesce che risulta essere maggiormente contaminato da tossine e metalli pesanti come il mercurio rispetto a cent’anni fa.
Quale pesce scegliere?
- Evita il tonno (sia in scatola che fresco), pesce spada, il pangasio ed altre specie ittiche di grossa taglia: sono ottimi accumulatori di metalli e tossici, perchè vivono di più, sono carnivori e assorbono più inquinanti dalle acque e da altri pesci.
- Evita il pesce in scatola, riduci i contaminanti come i metalli. Preferisci il pesce fresco o surgelato.
- Evita il pesce fritto, panato, bastoncini di pesce, alteri il loro grasso buono.
- Consuma spesso il pesce, 2-3 volte a settimana.
- Preferisci pesci di piccola taglia: alici, sardine, sgombro, cefalo, etc…
- Per i vegetariani e i vegani, l’olio di semi di lino, le noci e altra frutta secca possono rappresentare ottime fonti alternative al pesce per gli omega-3.
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