virus
Rinfora le tue difese contro virus e batteri attraverso il cibo

In questi giorni si parla tanto di influenza, Corona Virus, di comportamenti da adottare per evitare il contagio, etc.

Ma possiamo fare qualcosa per renderci più forti alle ingiurie esterne? Possiamo rinforzare il nostro corpo attraverso l’alimentazione?

La risposta è ovviamente si. Chiaro che non bastano pochi giorni per avere un sistema immunitario in vincibile, bisogna fare costantemente scelte alimentari mirate al nostro benessere.

Quali alimenti aiutano le nostre difese?

Vitamina C

Bastano piccole quantità di vitamina C (circa 60 milligrammi al giorno)

per stimolare le proprie difese immunitarie e proteggergi in maniera più efficiente dalle infezioni provocate da virus e batteri.

Dove trovo la vitamina C?

  • Nella frutta: basta un kiwi, il succo di un’arancia, il succo di un limone, un caco per coprire il fabbisogno giornaliero.
  • Nella verdure: tutte le verdure hanno vitamina C, più alta nei peperoncini, peperoni rossi e verdi crudi, prezzemolo, broccoli di rapa, rucola, rape foglie, broccoli, cavoli di bruxelles, cavolfiore, lattuga, spinaci crudi, etc.

Zinco

Anche lo zinco è un importante nutriente perché stimola la produzione di anticorpi.

Dove trovo lo zinco?

  • Nel pesce e nella carne, nei cereali (germe di grano e avena), nei legumi, nella frutta secca e nei semi (zucca, sesamo e girasole).
  • Molto presente nel lievito, nel latte, nei funghi, nel cacao, nelle noci e nel tuorlo d’uovo.

Ferro

Non dimentichiamo il ferro, importante per le difese immunitarie perché la produzione di anticorpi è legata a una sua adeguata assunzione.

Quali sono gli alimenti ricchi di ferro?

  •  In ordine decrescente troviamo: fegato, milza, carne bovina, carne di cavallo, tuorlo d’uovo, alcuni prodotti della pesca (scorfano, occhiata, spigola, acciuga, cefalo, sarda, tonno, dentice, sgombro), legumi secchi e fagioli freschi, cereali integrali (soprattutto i fiocchi d’avena), frutta secca ed alcuni ortaggi a foglia (spinaci, indivia, radicchio verde).
  • Ricorda di aggiungere del limone ai cereali e alle verdure, dove la biodisponibilità del ferro è ridotta, e migliorare l’assorbimento del ferro.

Vitamina D

Un’adeguata assunzione di vitamina D contribuisce a mantenere/rafforzare la difesa del corpo contro le infezioni promuovendo l’immunità innata. Inoltre, possiede anche un effetto modulatorio nelle le malattie infiammatorie autoimmuni mediate dalle cellule T, mitigandone l’azione.

Ci sono studi clinici che dimostrato alcuni effetti promettenti della supplementazione di vitamina D su numerosi esiti di infezione tra cui la tubercolosi, l’infezione del tratto respiratorio superiore, il virus dell’epatite C e l’HIV.

Alcuni studi sugli animali hanno dimostrato che l’integrazione di vitamina D è efficace nel prevenire o alleviare la malattia infiammatoria intestinale (IBD), la sclerosi multipla (MA), l’artrite reumatoide (RA), il lupus eritematoso sistemico e il diabete di tipo 1 (T1D) in modelli animali.

Dove trovo la vitamina D?

Noi accumuliamo vitamina D attraverso la pelle con l’esposizione solare che ci permette di sintetizzarla e renderla attiva, ma esistono anche altre due possibilità:

  1. attraverso la dieta
  2. con l’utilizzo di integratori.

Quali alimenti contengono vitamina D?

  • Olio di fegato di merluzzo, pesci grassi (sgombro, aringa, tonno, carpa, anguilla, pesce gatto e salmone), ostriche e gamberi, formaggi grassi, burro, tuorlo d’uovo, funghi (unica fonte vegetale di vitamina D)

Consuma regolarmente

  • Aglio e cipolla per le loro proprietà antisettiche, antivirali e fluidificanti
  • Curry, paprica e peperoncino: l’azione vasodilatatrice favorisce la sudorazione e la conseguente stabilizzazione della temperatura corporea e sono fonti naturali di un importante principio attivo antinfiammatorio, l’acido acetilsalicilico
  • Gli infusi di rosa canina, karkadè, contengono vitamina C, zinco, flavonoidi e tannini.
  • Il tè verde contiene un alto contenuto di catechine, responsabili del beneficio per la salute del tè verde nel modulare molteplici aspetti dell’immunità innata e adattativa.

 

Probiotici e sistema immunitario

I benefici riconducibili all’assunzione di probiotici sono molti, più o meno dimostrati:

  • favoriscono l’equilibrio della flora batterica intestinale (utili quindi sia in caso di stipsi occasionale o stitichezza cronica sia di diarrea, soprattutto associata ad antibiotici)
  • supportano il sistema immunitario
  • stimolano l’apparato linfoide associato alla mucosa dell’intestino e, di conseguenza, i meccanismi di difesa locali e sistemici
  • promuovono l’efficacia di alcuni trattamenti vaccinali (contro l’influenza ad esempio)
  • regolano i livelli di colesterolo nel sangue agendo a livello intestinale
  • migliorano la sintomatologia di malattie infiammatorie intestinali e patologie che colpiscono lo stomaco (gonfiore addominale, reflusso gastro-esofageo, diverticoli, coliti ecc.) favorendo quindi la digestione e l’assorbimento
  • aiutano a combattere le malattie infettive (infezioni respiratorie e urinarie soprattutto)
  • riducono il rischio di intolleranze e/o allergie, alimentari e non (lattosio, dermatite ecc.)
  • hanno un’azione detossificante, utile supporto in caso di disturbi al fegato
  • usati in combinazione, migliorano l’efficacia di promotori del sonno (melatonina).

 

Tutte queste proprietà variano da individuo a individuo, ceppo e dose-specifiche. Inoltre, per alcune, gli studi volti a confermarne la validità sull’uomo, per neonati e bambini in particolare, sono attualmente in corso. Rimane perciò ancora molto da scoprire.

Dove sono i probiotici?

I probiotici possono però essere introdotti, o naturalmente contenuti, anche in preparazioni alimentari come yogurt o latte fermentato. Tuttavia l’acidità dello stomaco riduce drasticamente il numero di batteri vivi fini all’intestino.

Generalmente consiglio i fermenti in capsule gastroresistenti. Tra i fermenti lattici vivi, i ceppi batterici appartenenti ai generi Lactobacillus (Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus bulgaricus, Lactobacillus casei ad esempio), Streptococcus, Lactococcus e Bifidobacterium sono i più utilizzati.

Fonte

Visto quanto l’alimentazione possa incidere sulla nostra salute e sulla nostra resistenza agli agenti esterni? Comincia a valutare quali cambiamenti apporre alle tue abitudini alimentari e, se hai bisogno di una guida, puoi sempre contattarmi.

Se questo articolo ti è piaciuto, aggiungi un like e condividilo pure con i tuoi amici…Buona lettura!

 

 

1,159 Views0
La chiave della salute è nell'intestino: il microbioma
La chiave della salute è nell’intestino: il microbioma

La chiave della salute è nell’intestino: il microbioma

Oggi affronteremo insieme un argomento che interessa indistintamente bambini, adulti e anziani, parleremo del nostro intestino e dei batteri che ospita e che determinano il nostro stato di salute/malattia.

Fino a poco tempo fa, la microbiologia umana si basava sull’identificazione di microbi singoli, come batteri, funghi e virus, spesso isolati da pazienti con infezioni acute o croniche.

Grazie ad analisi biochimiche (genomica, trascrittomica, proteomica, metabolomica) sono stati individuati e classificati diversi microrganismi in un determinato ecosistema (microbiota), nel tratto gastrointestinale, sulla pelle, nelle vie respiratorie, nel tratto urogenitale e altri distretti, e di valutare tutti i genomi di questi ecosistemi (microbioma), con i relativi prodotti genetici.

Da queste analisi si è visto che ogni individuo ha il proprio e unico microbiota che svolge un ruolo nell’insorgenza delle malattie.

Queste nuove intuizioni si traducono, quindi, in diagnostica, terapeutica e misure preventive nel contesto della medicina personalizzata/di precisione.

La comunità microbica intestinale

La chiave della salute è nell’intestino: il microbioma.

La colonizzazione dei batteri nell’intestino umano inizia alla nascita con un rapida espansione della diversità batterica che si evolve e diventa relativamente stabile in età adulta.

La composizione della comunità microbica intestinale è influenzata da fattori endogeni ed esogeni.

Ad esempio, fattori esogeni che condizionano la popolazione microbica possono essere la dieta (integratori alimentari, allattamento al seno, latte artificiale), l’uso di xenobiotici, compresi antibiotici e altri farmaci.

Studi suggeriscono che la caratterizzazione dettagliata della composizione, della funzione e della variazione del microbioma intestinale umano tra i diversi siti del corpo, possono nello sviluppo di malattia nell’uomo (Figura 1A e B).

image                                                                                                      Fig. 1B

 

 

Figura 1: (A) Microbiomi diversi negli esseri umani; (B) Il microbioma intestinale in individui e pazienti sani

 

Tenuto conto delle numerose e diverse funzioni fisiologiche del microbiota intestinale nella salute umana (tabella 1), non è sorprendente che sia coinvolto anche in malattie gastrointestinali e non gastrointestinali, come l’obesità/sindrome metabolica e aterosclerosi/cardiovascolare, nonché neurologica, psichiatrica e neurodegenerativa malattie, rendendolo uno degli argomenti attuali più dinamici nella ricerca biomedica (tabella 2). Di seguito, alcuni esempi saranno discussi in modo più dettagliato.

 

Fisiologia dell’ospiteRiferimenti
Immunità adattativa20
Autoimmunità21
Immunità innata22
Proliferazione cellulare23
Densità ossea24
Vascolarizzazione25
Segnalazione neurologica26
Biosintesi
Neurotrasmettitori
Ormoni steroidei
Vitamine
Metabolismo
Componenti dietetici
Sali biliari
Droghe
Xenobiotici

Tabella 1: Funzioni della comunità microbica intestinale nella salute umana (esempi).

Allergie / Protezione dalle allergie
Aterosclerosi / trombosi / malattie cardiovascolari
Cancro
Diabete mellito
Malattie infiammatorie immuno-mediate
Malattie infiammatorie intestinali
Sclerosi multipla
Artrite reumatoide
Psoriasi
Kwashiorkor
Malattie del fegato
Sindrome metabolica / obesità
Malattie neurodegenerative, psichiatriche e neurodegenerative
Autismo
Depressione
Morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson
Xenobiotici

Tabella 2: Associazioni di malattie con la comunità microbica intestinale (esempi)

 

La chiave della salute è nell’intestino: il microbioma

Malattie infiammatorie intestinali

Le malattie infiammatorie intestinali (IBD) negli esseri umani includono colite ulcerosa (UC) e malattia di Crohn (CD), caratterizzate da un’infiammazione dello strato mucoso del colon nell’UC e dal coinvolgimento transmurale gastrointestinale, compresi i siti extraintestinali in CD.

Sebbene la patogenesi dell’IBD non sia pienamente compresa, è chiaro che la sua patologia dipenda anche dalla comunità microbica intestinale.

Inoltre, sono state individuate specifiche alterazioni del microbiota intestinale nelle IBD che possono fungere da biomarcatori per la predisposizione, attività/gravità e reattività alla terapia.

I tre componenti – ambiente, genetica dell’ospite e comunità microbica – interagiscono per mantenere l’omeostasi l’intestino.

L’interruzione della stabilità di questa interazione può essere un innesco per lo sviluppo della malattia. Due recenti pubblicazioni aprono nuovi scenari sulla patogenesi dell’IBD attraverso il cambiamento della composizione microbica intestinale.

 

Obesità

Negli ultimi anni si sta assistendo ad un incremento di studi e pubblicazioni in merito al ruolo del microbiota intestinale nella patogenesi dell’obesità.

L’obesità è una patologia cronica, multifattoriale, correlata a diverse patologie, cardiovascolari, metaboliche, respiratorie, osteoarticolari. Nella patogenesi dell’obesità interagiscono in maniera molto articolata e complessa diversi fattori: comportamentali, psicologici, ambientali, metabolici, neuro-immuno-endocrini.

E’ stato osservato che i microrganismi che colonizzano il tratto gastroenterico non sono solo ospiti quasi inerti ma sono attivi protagonisti di vivaci interazioni tra il tratto gastroenterico e il sistema neuro-immuno-endocrino.

Nell’individuo normopeso si riconoscono tre tipi (phyla) batterici principali: Firmicutes, Actinobacteria e Bacteroidetes.

Studi effettuati sia nel topo che nell’uomo hanno evidenziato una variazione nella composizione del microbiota intestinale nei soggetti obesi con un incremento dei Firmicutes e una riduzione dei Bacteroidetes.

Il microbiota può incidere  sull’equilibrio nutrizionale e metabolico dell’organismo modulando la capacità di estrarre energia dagli alimenti della dieta e interagendo con il metabolismo glico-lipidico.

I metaboliti rilasciati dalla fermentazione di polisaccaridi complessi della dieta possono aumentare l’assorbimento di glucosio, stimolare la lipogenesi, modificare la composizione in acidi grassi del tessuto adiposo e del fegato, alterare la permeabilità della barriera mucosa intestinale, alterare la risposta immunitaria, contribuire ad uno stato di infiammazione cronica sistemica e allo stato di insulinoresistenza correlato all’obesità.

Obesità, insulino-resistenza e biafra (malnutrizione a carenza proteica) sono esempi per i quali è stata dimostrata una correlazione tra disbiosi e lo stato clinico del paziente. Inoltre, il trapianto di microbiota fecale da donatori sani a pazienti ha portato a un miglioramento clinico.

 

Rischio di aterosclerosi e trombosi

Recenti studi suggeriscono che i microbi intestinali sono coinvolti nell’aterosclerosi. In questo contesto, gli alimenti ricchi di colina, fosfatidicicolina e carnitina come carne, tuorlo d’uovo e latticini ad alto contenuto di grassi, vengono processati dai microbi intestinali dopo ingestione alimentare in trimetilamina (TMA) e nel fegato poi ossidati in N-ossido TMA (TMAO), metabolita che accelera l’aterosclerosi. Livelli ematici elevati di TMAO  sono associati ad un aumento del rischio di malattie cardiache aterosclerotiche.

Inoltre, Il TMAO aumenta l’attività delle piastrine e gli eventi trombotici in modelli animali privi di germi, confermando il ruolo chiave del microbiota.

Questi risultati rivelano un legame precedentemente sconosciuto tra specifici nutrienti alimentari, microbi intestinali e rischio di trombosi (Figura 2).image

 

Figura 2: La trimetilamina microbica intestinale (TMA) e il rischio di aterosclerosi/trombosi

 

In un recente studio, Wang ha dimostrato che 3,3-dimetilo-1-butanolo (DMB), un analogo strutturale di colina, blocca la formazione del TMA intestinale attraverso l’inibizione della TMA-liasi (enzima necessario alla produzione), che si traduce in livelli di TMAO ridotti.  Sembra chiaro come il DMB possa ritenersi un nuovo approccio per la prevenzione e/o trattamento dell’aterosclerosi (Figura 3).

image

 

Figura 3: Inibizione della sintesi di trimetilamina microbica intestinale (TMA) di 3,3-dimetil-1-butanolo (DMB) e attenuazione dell’aterosclerosi.

 

Malattie neurosviluppo, psichiatriche e neurodegenerative

Gli studi sulla comunicazione intestino-cervello dimostrano il ruolo della comunità microbica intestinale nella modulazione, nella maturazione e nella funzione delle cellule del sistema nervoso centrale (SNC) nonché nell’attivazione di cellule immunitarie periferiche coinvolte nella neuroinfiammazione, nelle lesioni cerebrali, autoimmunità e neurogenesi.

Topi privi di germi, allevati in condizioni sterili, o topi impoveriti di del loro microbiota intestinale, mediante antibiotici, mostra importanti alterazioni nei comportamenti o neuropatologie che caratterizzano disturbi neurosviluppo, psichiatrico e neurodegenerativo.

Questi includono, tra gli altri, lo spettro autistico, la depressione, il morbo di Alzheimer, il Parkinson (tabella 2).

Un esempio impressionante del un ruolo patogeno della comunità microbica intestinale è nel morbo di Parkinson (PD). Nei pazienti con PD, si formano aggregati di una proteina, alfa-sinucleina (AS), sia nelle cellule cerebrali che nell’intestino, segno distintivo della malattia. In pazienti affetti da PD la motilità gastrica è spesso compromessa e il livello di AS intestinale è elevato.

In modelli animali, topi che sovraesprimono AS, infatti, sviluppano deficit neurologici simili a quelli dei pazienti con PD.

Recentemente, tre test hanno dimostrato un ruolo centrale della comunità microbica intestinale nella patogenesi del PD

(Figura 4):

(1)    topi privi di germi sviluppato meno placche e quasi nessun sintomo neurologico rispetto ai controlli colonizzati convenzionalmente,

(2)   il trattamento (2) dei topi con PD con antibiotici ha evidenziato un miglioramento dei deficit neurologici e

(3)   i trapianti fecali da pazienti con PD a topi privi di germi ha portato a deficit neurologici simili a PD

image

Figura 4: Contributo degli acidi grassi a catena corta (SCFA) e del trapianto fecale da parte di pazienti affetti da Parkinson (PD) alla patogenesi della PD e la sua prevenzione mediante l’eliminazione del microbiota intestinale.

 

Da ricerche precedenti si sapeva che gli acidi grassi a catena corta (molecole prodotte dalla digestione di fibre nell’intestino da parte dei batteri) sono in grado di attivare risposte immunitarie nel cervello. Il ruolo delle cellule della microglia – cellule che si trovano nel cervello con funzioni di difesa immunitaria – è considerato infatti sempre più importante nelle malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer.

I ricercatori in questo nuovo studio hanno osservato che, nei topi privi di batteri intestinali, la somministrazione di acidi grassi a catena corta è in grado di stimolare l’attivazione delle cellule della microglia e migliorano la fisiopatologia della PD.

L’identificazione dei batteri che concorrono nella patogenesi del PD e il meccanismo che porta alla deposizione delle placche AS neurotossiche attendono ulteriori chiarimenti.

Conclusioni e prospettive

La ricerca biomedica ha compiuto importanti progressi negli ultimi anni e mantiene la promessa di fornire nuove opzioni diagnostiche, preventive e terapeutiche per i pazienti con patologie ereditarie o acquisite, maligne o non.

La popolazione intestinale è coinvolta in un gran numero di funzioni biologiche e in (tabella 1) e nella genesi di numerose malattie, gastrointestinali e non, come l’obesità, la sindrome metabolica, la trombosi, malattie psichiatriche e neurodegenerative (tabella 2).

E’ evidente l’importanza che può assumere un intervento dietetico mirato sul benessere del microbiota intestinale e, di conseguenza, sulla salute dell’uomo. E’ importante un regime alimentare ricco di fibre e verdure e dal regime calorico contenuto.

 

Fonte: The Human Microbiome: An Emerging Key Player in Health and Disease
C. Author: Hubert E. Blum – Department of Medicine II, University Hospital Freiburg, Freiburg, Germany

 

Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo pure con i tuoi amici e buona lettura.

 

 

 

 

2,437 Views0
calcoli renali
Riduci i calcoli renali in 7 mosse

La maggior parte delle persone che sviluppano calcoli renali – identificati dal termine medico “nefrolitiasi” o “litiasi renale”- hanno livelli di alcune sostanze (Sali minerali) superiore a quella che può essere disciolta nelle urine. Quando ciò accade, possono formarsi cristalli che possono crescere e diventare pietre, si formano nel tratto uriniario e che muovendosi con il flusso urinario provocano la colica. 

Sono tutti uguali?

Si distinguono cinque tipologie di calcoli renali sulla base della composizione chimica:

  1. Calcica:  il 70-80 % dei casi e sono costituiti da ossalato di calcio, fosfato di calcio o da entrambi i sali insieme.
  2. Mista: il 5-10 % dei casi e sono formati da ossalato di calcio, acido urico e fosfato di calcio.
  3. Urica: il 5-15 % dei casi e sono costituiti da acido urico e urato di calcio.
  4. Infettiva: 10-15 % dei casi e possono essere costituiti da struvite (fosfato – ammonio – magnesio), struvite e carbonato apatite o urato di ammonio, fosfato di calcio.
  5. Cistinica: l’1-2 % dei casi e sono costituiti da cistina.

Quali le cause?

Familiarità, nutrizione, stagionalità e, ovviamente, patologie metaboliche o malformazioni a carico delle vie urinarie, l’obesità.

Vediamo insieme cosa fare in questi casi.

Riduci i calcoli renali in 7 mosse

Le seguenti linee guida nutrizionali possono aiutare a ridurre la concentrazione di queste sostanze nelle urine e ridurre il rischio di formazione di calcoli.

  1. Bevi più liquidi: dovresti bere almeno 3 litri di liquidi al giorno. Questo diluisce l’urina e riduce la concentrazione di sostanze nocive che possono causare la formazione di calcoli renali. Almeno la metà del liquido che bevi ogni giorno dovrebbe essere semplice acqua.
  2. Calcio e ossalato: l’ossalato di lega al calcio nello stomaco e nell’intestino. Questo legame favorisce la formazione dei sassolini a livello renale. Bisogna, quindi, moderare il consumo di calcio in caso di calcoli di ossalato di calcio per prevenire la formazione di calcoli. Va bene consumare un paio di porzioni di latticini al giorno per assumere il calcio che ci serve, senza esagerare. Stiamo attenti anche all’acido ossalico, il cui eccesso si rivelato dannoso perché favorisce la formazione dei cristalli di ossalato di calcio. Molti alimenti contengono ossalati. Ricordiamo quelli ad alto contenuto: burro, nocciole, tè (nero e verde), caffè, succhi di frutta,  rabarbaro, crusca di frumento, cioccolato, fragole, gelatina, spinaci, lamponi neri, bietole e barbabietole, coca cola, bibite gassate in generale.
  3. Mangia meno sale/sodio: limita il sale da cucina a non più Il sale fa male o fa bene? Quanto ne posso aggiungere?di 1/4 di cucchiaino al giorno – misuralo! Cerca di evitarlo in cucina e a consumare solo occasionalmente cibi ricchi di sale/sodio come le carni in scatola, gli affettati, gli hot dog, la salsiccia, la maggior arte dei fast food, cibi pronti conditi, zuppe miste, zuppe surgelate già condite, zuppe in scatola, snack salati, cibi in scatola in generale, alimenti ricchi di sodio come sott’oli, sott’aceti, olive, salsa di soia, salse varie.
  4. Limita le proteine animale: una dieta ricca di proteine può aumentare il livello di ossalato della tua urina. Non superare i 150 gr al giorno tra carne, pesce o pollame. Una porzione grande quanto il palmo della tua mano è sufficiente.
  5. Vitamina C: la vitamina C  può essere convertita in ossalato per cui non bisogna consumare più di 500 mg di vitamina C al giorno. Questo include la vitamina C degli alimenti che mangi e di qualsiasi supplemento orale che puoi assumere. Meglio una limonata che sembra avere un effetto benefico sui calcoli acido urico e cistina in quanto ne riducono la formazione.
  6. Riduci il peso: l’obesità è un fattore che contribuisce allo sviluppo della malattia renale cronica (CKD), predisponendo alla nefropatia diabetica, alla nefrosclerosi ipertensiva e alla sclerosi glomerulare focale e segmentaria. Predispone anche all’ossalato di calcio e ai calcoli di urato, alla proteinuria. Ci sono molti meccanismi con cui l’obesità altera la fisiologia e il metabolismo renale. E’ necessario, quindi, trattare l’obesità e prevenire lo sviluppo e la progressione della CKD associata all’obesità.
  7. Benessere intestinale: di solito non assorbiamo molti ossalati dalla dieta. Ci sono molti articoli medici che illustrano che, quando l’intestino è infiammato, quando c’è una carente digestione dei grassi (steatorrea), quando siamo in presenza di intestino permeabile (leaky gut syndrome), o quando c’è diarrea prolungata e/o costipazione, gli ossalati in eccesso provenienti dal cibo vengono assorbiti dal GI e diventano pericolosi per le cellule di altre parti del corpo. Dal sangue, gli ossalati passano al resto del corpo. E’  molto importante  aiutare l’intestino  con  flora benefica  in  grado  di digerire  gli  ossalati che iniziano  a  essere  rilasciati,  proprio perchè  una  delle  vie  attraverso  la  quale  gli  ossalati  lasciano  il  corpo  è proprio l’intestino. Se ci sono microbi in grado di cibarsi di ossalati nel colon, questo facilita il processo. Ci sono probiotici in commercio che possono aiutare allo scopo.

 

E’ importante adottare uno stile di vita sano e regolare, per avere un intestino sano, un peso nella norma e ridurre così i fattori predisponenti i calcoli renali.

 

Se questo articolo ti è piaciuto, aggiungi un “like” su Facebook e condividilo pure con i tuoi amici e buona lettura!

 

 

 

 

1,649 Views0
Ipertensione, alimentazione e stile di vita

Per ipertensione si intende una condizione nella quale la pressione arteriosa è significativamente più elevata rispetto ai valori considerati normali; vediamo quali sono:

  • Normale: < 110/120 – 70/80 mmHg
  • Al limite: < 130 – 85 mmHg
  • Ipertensione: > 140 – 90 mmHg

L’ipertensione è una delle malattie più diffuse nella popolazione industrializzata, colpendo il 20% della popolazione adulta. Rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per la salute, in quanto concorre a determinare infarto, ictus, aneurismi cerebrali e complicazioni renali. Viene chiamata anche “killer silenzioso” perché non comporta alcun sintomo ed agisce nell’ombra.

Proprio per questo motivo sarebbe bene tener monitorata la propria pressione, in particolare dopo i 50 anni.

 

L’ipertensione si definisce primaria quando è riconducibile all’eccesso di peso e alla sindrome metabolica: correggendo la propria alimentazione e facendo attività fisica costante è possibile regolare i valori pressori, senza la necessità di alcun intervento farmacologico.

L’ipertensione secondaria, invece, rappresenta solo il 10% dei casi totali ed è conseguenza di patologie già in atto o di effetti collaterali di farmaci, per cui i rimedi menzionati per l’ipertensione primaria non sono sufficienti. Anche lo stress contribuisce notevolmente all’aumento della pressione arteriosa.

 

Oltre che al peso corporeo, bisogna puntare l’attenzione sul grasso viscerale, il GIROVITA:

  • un girovita inferiore a 102 cm nei maschi e a 88 cm nelle femmine è un fattore protettivo nei confronti di eventi cardiovascolari. Se vuoi approfondire l’argomento, leggi l’articolo dedicato al girovita e al grasso viscerale.

 

La terapia

La terapia dell’ipertensione consiste sul ristabilire i livelli pressori normali.
Per conseguire tale obiettivo, è fondamentale:

  • ridurre il consumo di sale
  • praticare regolarmente l’attività fisica
  • seguire una dieta sana ed equilibrata: nella maggior parte dei casi (circa l’80-90%) è sufficiente riequilibrare le proprie abitudini alimentari ed il proprio stile di vita
  • seguire una terapia farmacologica appropriata (se i rimedi precedenti non sono sufficienti).

 

Alimentazione abbassa pressione: DASH e Polymeal

Agli inizi degli anni Duemila in America venne messa a punto un protocollo dietetico atto a diminuire la pressione arteriosa, evitando così l’intervento farmacologico: DASH diet (Dietary Approaches to Stop Hyertension).

La dieta DASH

E’ essenzialmente una dieta mediterranea e suggerisce di:

  • Iniziare un protocollo di attività fisica motoria
  • Ripristinare il normopeso, se compromesso
  • Abolire il tabagismo

La strategia alimentare consiglia di:

  • Abolire il consumo di alcol
  • Abolire il sale aggiunto (NaCl – sale da cucina)
  • Abolire gli alimenti conservati per mezzo del cloruro di sodio (NaCl – sale da cucina). Chi soffre di ipertensione dovrebbe fare attenzione anche all’eccesso di altri sali provenienti da alimenti a volte insospettabili. Ad esempio, sarebbe bene evitare il misto di verdure cotte (minestrone) e ad alcuni ortaggi ricchi di sali e ossalati (biete, pomodori, rape).
  • Ridurre significativamente il consumo di alimenti ricchi di grassi saturi/idrogenati e colesterolo come formaggi e carne rossa: nel primo caso per la spiccata concentrazione di sali minerali, che sovraccaricano di lavoro il rene; nel secondo caso per il carico di scorie azotate e di urati che il fegato e i reni di un iperteso non riuscirebbero a bilanciare
  • Ridurre i carichi glicemici eccessivi (iperglicemia post-prandiale)
  • Favorire il consumo di alimenti ricchi di potassio e magnesio (che hanno un’€™azione positiva sulla regolazione della pressione arteriosa)
  • Favorire il consumo di alimenti ricchi di acidi grassi essenziali ω3 (che contribuiscono positivamente sulla regolazione della pressione arteriosa)
  • Bere un’€™acqua oligominerale
  • Integratori utili alla dieta DASH (potassio e magnesio, acidi grassi ω3, arginina e piante o estratti vegetali ipotensivi come le foglie di olivo, l’aglio, etc.
  • ricca di frutta, vegetali, cereali integrali, carne bianca, pesce, legumi e frutta secca. Ad essa si può associare un approccio alimentare conosciuto come:

 

Polymeal diet

Una “superdieta” ideata nel 2004 da alcuni ricercatori, che ridurrebbe il rischio vascolare anche del 75%, con un aumento dell’aspettativa di vita di 6 anni per gli uomini già ipertesi e di 5 anni per le donne.

La Polymeal si focalizza su 5 ingredienti salva-pressione:
Il vino rosso: lo studio afferma che 150 ml al giorno (un bicchiere al giorno e non a pasto!) di vino rosso aiutano ad abbassare la pressione. L’etanolo determina un aumento della pressione ma la presenza di polifenoli del vino rosso lo rendono benefico, soprattutto in quei soggetti che possiedono una particolare forma dell’enzima che degrada l’alcol,  che rallenta il metabolismo dello stesso.

Pesce: 4 porzioni a settimana da 120 gr di pesce, soprattutto quello azzurro,  sarde, acciughe, sgombri, branzini, suri, pesce lama, etc.
Gli omega-3 del pesce hanno un effetto antiaggregante sulle piastrine e antiaritmico.

Cioccolato extrafondente(almeno al 70): i flavonoidi e altre sostanze contenute nel cioccolato extrafondente contribuiscono all’abbassamento della pressione, migliorano la funzionalità endoteliale e diminuiscono la rigidità delle arterie. Ricorda che i flavonoidi sono molto pochi nel cioccolato al latte e assenti nel cioccolato bianco.

Frutta e vegetali, almeno 400-500 g al giorno per la presenza di fibre e Sali minerali che aiutano ad abbassare la pressione.

Aglio: è nota l’azione ipotensiva dell’aglio grazie alla presenza di alliina e allicina (sostanze solforate). Circa 3 grammi al giorno di aglio crudo (uno spicchio) sono sufficienti per abbassare il rischio cardiovascolare.

Mandorle: si consigliano fino a 100 gr di mandorle al giorno per la ricchezza in magnesio e grassi buoni.

 

Menù abbassa pressione

COLAZIONE
Una fetta di pane toscano con olio EVO/crema di mandorle
Alternativa: farinata di ceci con una fetta di pane integrale senza sale

PRANZO
Riso freddo integrale, lenticchie e verdure
Alternativa: Bruschetta con crema di fagioli e funghi
Insalata di radicchio, finocchi e noci

SPUNTINO
Frutta fresca di stagione e scaglie di mandorle

CENA
Bruschetta con pomodorini, aglio e olio EVO
Tortino di orata e zucchine

 

Se questo articolo ti è piaciuto condividelo pure con i tuoi amici e buona lettura!

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15604180
1,078 Views7
Candidosi, depressione, disbiosi: il cibo come rimedio-parte 2
Candidosi, depressione, disbiosi: il cibo come rimedio-parte 2

La scorsa settimana abbiamo visto cos’è la candida e i fastidi che essa provoca (Candidosi, depressione, disbiosi: il cibo come rimedio-parte 1). che esistano.

Spesso ci vogliono molti mesi affinché l’organismo e tutti gli organi coinvolti riprendano a funzionare correttamente ed il sistema immunitario riesca a contrastare adeguatamente la candida

La candida recidivante (candidosi cronica) è una malattia di tipo multifattoriale, un’ infezione invasiva, fastidiosa e difficile da debellare, pertanto la sua risoluzione è possibile solo con un approccio completo, non limitato alla sola assunzione di farmaci antifungini, rimedio, anzi, predisponente a recidive.

Per ottenere risultati soddisfacenti contro la candida bisogna agire su più fronti:

  • evitare l’assunzione prolungata d’antibiotici che distruggendo anche i batteri simbionti buoni, favoriscono la crescita del fungo
  • rafforzare il sistema immunitario, sia la flora intestinale, entrambi impoveriti da un’alimentazione scorretta e squilibrata.

 

Uno dei primi interventi, quindi, per sconfiggere la candida albicans risiede nelle proprie abitudini alimentari.

 

Come ben sai, la voglia irrefrenabile di zuccheri, soprattutto a fine pasto, è uno dei segnali di presenza di candida, la quale richiede il suo nutrimento.Mangiare-dolci-candidosi

Creare un ambiente ostile per il fungo, che predilige ambienti acidi, è un punto di partenza.

Vediamo allora insieme cosa fare contro questo temibile fungo.

 

Dieta anticandida
Cosa Evitare?
  • Evita il cibo preferito dal fungo: zuccheri semplici, carboidrati raffinati, mais, dolcificanti (cioccolata, miele, dolciumi, gelati, biscotti, torte, bibite zuccherate e non, yogurt alla frutta o zuccherati
  • Evita altri tipi di funghi come i lieviti e prodotti lievitati (pane, pizza, focaccia, biscotti, crackers, ecc.)
  • Evita carni e pesci stagionati, affumicati, in scatola e affettati
  • Evita latte e latticini, il cui elevato contenuto di lattosio favorisce la proliferazione del fungo. Anche quelli fermentati, in particolare quelli contenenti lieviti e muffe: formaggi come il gorgonzola
  • Da evitare è anche la frutta fresca zuccherina, frutta essiccata
  • Evita gli arachidi
  • Evita cibi contenenti aceto di vino come i sottoaceti, salse per condire le insalate, il ketchup
  • Alcolici (soprattutto birra), bibite gassate, caffè e tè
  • Evita tutti i cibi preconfezionati o inscatolati e particolarmente ricchi in conservanti
  • Evita le spezie piccanti, in particolare il curry.

 

Soprattutto per i carboidrati, non è un divieto facile da rispettare perché chi soffre di candida cronica sente un grande desiderio di assumere zuccheri; bisogno indotto dal lievito stesso che spinge così l’organismo ad assumere l’alimento che gli permetta di svilupparsi.

 

Cosa mangiare?
  • Introduci le verdure come come cicoria, carciofo e tarassaco, Alimenti-candidarucola che stimolano la funzionalità epatica, digestiva e migliorano la flora intestinale
  • Introduci cereali integra
    li non lievitati
    , ma senza eccedere. Un buon apporto di fibre riduce ristagni intestinali e i fenomeni di fermentazione e putrefazione ad essi collegati
  • Introduci l’aglio (uno spicchio al dì, oppure in capsule, da assumere al dosaggio di due, tre volte al giorno per un mese circa), dotato di un’eccellente azione antifungina
  • Introduci, alternandoli, legumi, pesce, carni bianche, semi oleosi, uova
  • Tra i latticini solo lo yogurt bianco senza zuccheri né dolcificanti
  • Introduci l’aceto di mele o il limone al posto dell’aceto di vino
  • Olio di oliva EVO spremuta a freddo

Dagli alimenti consigliati, vanno ridotti o esclusi quelli a cui sapete di risultare intolleranti.

Per quanto tempo devo seguire questa dieta?

Dai due ai quattro mesi, a seconda della gravità della sindrome, dopodiché si può ritornare gradualmente ad utilizzarli, evitando però accuratamente tutti gli zuccheri raffinati.

 

Ricorda che, oltre a rivedere le tue abitudini alimentari, è fondamentale porre attenzione a tutto ciò che indebolisce il sistema immunitario come un uso eccessivo di antibiotici, cortisone, farmaci immunodepressori, amalgame dentali, vaccini e pillola anticoncezionale.

Rimedi naturali antimicotici
  • Introduci a cicli integratori di fermenti lattici vivi, in particolare il Saccaromices Boulardii che si è visto possedere una spiccata attività antifungina, poichè compete con la candida nel lume intestinale per la sopravvivenza
  • Olio di origano, in capsule o in forma liquida, secondo la posologia riportata sulla confezione, da assumere durante i pasti per migliorare le funzioni digestive
  • Aglio, combatte le infezioni micotiche e rafforza le difese immunitarie
  • Estratto di semi di pompelmo, contrasta la candida
  • Echinacea (Echinacea purpurea) per aumentare le difese immunitarie

 

Se questo articolo ti è piaciuto condividilo pure con i tuoi amici sui social, aggiungi un “like” su Facebook e buona lettura!

1,719 Views0